Dopo mesi di durissimi allenamenti tenutisi alla cascina di Ravellino per gentile concessione del Signor “zio dell’Aldo” e della squarda della Stra Ferà (allenamenti ai quali sarebbe il caso di dedicare qualche riga), dopo avvicendamenti nella squadra dovuti ad infortuni ed impegni sportivi (ovviamente meno seri del Palo…) e dopo un’attesa a dir poco frenetica, siamo qui tutti riuniti tutti intorno al nostro magico totem, la cui altezza è suggestivamente sottolineata da fari che ne illuminano la cima. Il palo ci ha stregati, giorno dopo giorno, col suo fascino unico che unisce la rozzezza esteriore della prova di forza, stremante e “sporchissima” alla raffinatezza nascosta della bella donna che si concede solo a chi possiede tecnica e la esprime nell’armonia e nella leggerezza nei modi.
Il tempo non è clemente con noi, il cielo è carico di nuvole ed i lampi fanno brillare per alcuni istanti il grasso che ricopre copioso il Palo. Attimo dopo attimo, quando il pubblico prende posto dietro alle transenne, lo speaker impugna il microfono ed i ricchi premi vengono posizionati a fianco del campo di gara, l’emozione prende lentamente il posto dell’incertezza e della delusione: la gara si farà! Tutte le squadre sono invitate ad indossare le divise sfruttando gli spogliatoi premurosamente messi a disposizione dall’organizzazione: una porzione di asfalto ed un muretto adiacenti alla zona occupata dal pubblico.
Ed eccoci al dunque, siamo finalmente pronti, la pressione sale ai massimi livelli quando viene sorteggiata la sequenza con cui questi moderni cavalieri affronteranno la (neanche troppo) moderna giostra. Elefanti Rosa, Stra Ferà, sParcol, Diciassedici. Siamo terzi e partiremo dopo i campioni indiscussi che, a meno di clamorosi scivoloni (sul grasso), domineranno la manifestazione. Chi parte prima di noi sicuramente ci darà una mano, più o meno volontaria, nella pulizia del Palo. A proposito, la pulizia: non abbiamo mai provato ad affrontare il Palo ingrassato e la tecnica per rimuovere l’insidia del grasso ci è abbastanza oscura. Tranne qualche filmato visionato durante sedute di training e gli assai preziosi consigli delle teste di serie, non abbiamo idea di come la mancanza di attrito possa ostacolare la nostra già non eccezionale tecnica. Solo in un’occasione abbiamo conquistato la vetta del Palo…ed era completamente pulito!
Si parte: le squadre che ci precedono hanno fatto la loro parte, emozione al massimo e via…il primo abbraccia il palo, io (il secondo) vado su e cerco di pulire come meglio mi riesce. A meno di una piccola incomprensione col terzo che cerca di salire “a tradimento”, arriviamo allo scadere del tempo a disposizione tutto sommato in scioltezza. Il ghiaccio è rotto, il pubblico è con tutti gli atleti, l’atmosfera è un po’ più rilassata. Ormai siamo in ballo, non ci resta che conquistare la vetta!
Alla salita successiva, il Palo si presenta pulito fino ad un’altezza che potrebbe permetterci, senza troppi problemi, di conquistare un premio in quattro. Il primo abbraccia il Palo un po’ più intimamente, secondo, terzo, quarto, premio, giù: ce l’abbiamo fatta. Siamo praticamente contenti come un centometrista che vince l’oro olimpico.
L’atmosfera è fantastica: il pubblico applaude e tutte le squadre incitano gli avversari.
Siamo di nuovo qui col primo abbracciato al palo, ma coi premi più in alto. Il primo è ormai in realtà fidanzato col Palo, secondo, terzo, quarto, quinto, premio, fantastico, giù!
Su coi premi, serve lo scavalco, la tecnica più temuta perché nasconde mille insidie: riuscirà bene il blocco? La distanza tra i due atleti sarà giusta? Chi scavalca metterà piedi e mani al posto giusto oppure vanificherà la stretta dello scavalcato facendo precipitare rovinosamente entrambi verso terra? Via, il primo ha ormai incassato il “sì” alle nozze da parte del Palo, secondo, terzo, quarto, quinto, parte il quarto…blocco vigoroso, scavalco, premio, fantastico, stupendo, giù! Oltre all’oro olimpico c’è anche il record mondiale con tanto di giro d’onore sulla pista!
La stanchezza inizia a farsi sentire, anche se l’emozione per la gara ed il suo finora buon andamento attenua un po’ la sofferenza. In prova non avevamo mai ripetuto per così tante volte in poco tempo la scalata.
Parte la Stra Ferà, due scavalchi, l’ultimo è in cima, tende la mano per prendere il premio e da sotto la base si stacca in modo imprevisto: la squadra ospite, conscia della sua supremazia, decide di non stravincere e lasciare a tutti gli avversari un turno completo di scalata per attaccare la vetta più ambita, quella dei dodici metri. Mentre i componenti della squadra ospite si scambiano amabilmente qualche “chiarimento” sull’accaduto, partiamo.
Il primo è sull’altare col Palo, secondo, terzo, quarto, quinto, parte il terzo per scavalcare il quarto quando la stanchezza ha la meglio sulla tecnica e sulla forza…la stretta si allenta, si scivola. Mentre i due alla base del palo sono ormai lontani ad incitare i loro compagni lanciati verso la gloria, ecco che invece si delinea uno zero: lo scavalco non porta ad un guadagno in altezza, il quinto è quasi irraggiungibile, lassù da solo da pochi secondi che sembrano ore. Viene agganciato e quasi superato, ma è allo stremo delle forze precipita col compagno che tentava di oltrepassarlo…
Ecco la prima lezione di oggi, una lezione che mille allenamenti non avrebbero potuto insegnarci: l’insidia più temibile non è il grasso, non è la pressione della gara, ma la stanchezza che si accumula nei muscoli scalata dopo scalata, cogliendo di sorpresa chi si appresta a compiere un’azione apparentemente scontata e sente le forza abbandonare le sue braccia davanti ai suoi occhi increduli e davanti ai suoi compagni che vorrebbero essere lassù ad offrire un appoggio, ma nulla possono.
Nuovo giro, la Stra Ferà conquista il premio in vetta e noi affrontiamo l’ultimo tentativo senza troppe speranze, dato il livello delle forza, ormai davvero minimo. Il primo ed il Palo convivono ormai come una coppia che, dopo anni di matrimonio, vive la routine quotidiana senza aspettarsi niente di eclatante, ma con una grande serenità al posto della forse più comprensibile rassegnazione. Secondo, terzo, quarto…vi risparmio il seguito: è la fotocopia della scalata precedente.
Nemmeno troppa delusione: sarà per un’altra volta, il divertimento è stato tantissimo. La fierezza e l’orgoglio per l’impresa compiuta sono incommensurabili. Ci siamo fatti onore e l’espressione di ammirazione del pubblico ne è la prova. Questa è la cosa più bella: la gente che ti guarda come una specie di eroe, indipendentemente dal risultato conseguito…e anche tra le squadre c’è il sentimento di una vittoria collettiva: abbiamo vinto tutti perché ci abbiamo provato.
Questa è la vera lezione della giornata.
Alberto l'Indomabile, sParcol